PROPOSTA DI LEGGE


Art. 1.

      1. Al fine di consentire la realizzazione delle migliori condizioni affinché sia assicurata la piena indipendenza dal potere politico e dal Governo delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, nell'interesse del Paese, il comma 8 dell'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, è sostituito dal seguente:

      «8. I componenti di ciascuna Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore; durano in carica sette anni e non possono essere confermati. A pena di decadenza essi non possono esercitare, nel periodo di vigenza del mandato, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura nè avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della medesima Autorità. I componenti di ciascuna Autorità, a pena di decadenza, non devono, nei tre anni immediatamente precedenti alla data di nomina da parte degli organi preposti, avere ricoperto incarichi, anche elettivi, nelle Assemblee parlamentari e amministrative regionali, o essere membri del Governo, o avere avuto incarichi di rappresentanza nei partiti politici. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico».

      2. Al fine di consentire la realizzazione delle migliori condizioni affinché sia assicurata la piena indipendenza operativa delle Autorità per i servizi di pubblica utilità, il comma 9 dell'articolo 2 della

 

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legge 14 novembre 1995, n. 481, è sostituito dal seguente:

      «9. Nei tre anni precedenti e per almeno quattro anni dalla cessazione dell'incarico i componenti delle Autorità non possono avere intrattenuto e intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza. La violazione di tale divieto è punita, salvo che il fatto costituisca reato, con una sanzione pecuniaria pari, nel minimo, alla maggiore somma tra 30 mila euro e l'importo del corrispettivo percepito e, nel massimo, alla maggiore somma tra 300 mila euro e l'importo del corrispettivo percepito. All'imprenditore che abbia violato tale divieto, salvo responsabilità personali riconducibili ai membri degli organi di controllo societari, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari allo 0,5 per cento del fatturato e, comunque, non inferiore a 200 mila euro e non superiore a 100 milioni di euro, e, nei casi più gravi o quando il comportamento illecito sia stato reiterato, la revoca dell'atto concessivo o autorizzativo. I valori di tali sanzioni sono rivalutati secondo il tasso di variazione annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'ISTAT».